Il tarlo, roditore silenzioso

02.01.2024 11:24

È facile constatare che la pubblica amministrazione è molto lenta e difettosa, e che i suoi difetti provocano ingenti danni all’intera società e alla sua produzione di ricchezza. Pubblicisti e benpensanti concordano nel ritenere che bisogna rimediare e suggeriscono terapie più o meno risolutive. Di solito attribuiscono le disfunzioni amministrative a carenze e superficialità della legislazione, a lacune in questo o quel settore, alla farraginosa burocrazia, a colpevoli omissioni, irregolarità e abusi di burocrati, di magistrati e di politici.

Certo, eccessi e difetti, con conseguenti suggerimenti e proteste, si verificarono sempre, da secoli, da millenni. Disfunzioni e caotici provvedimenti amministrativi, come fallimenti, sconfitte e disastri militari, ci furono sempre, in tutti i tempi, e furono sempre attribuiti all’inadeguatezza di dirigenti, agli errori di generali e di burocrati. Nell’addossare a costoro ogni responsabilità furono sempre tutti d’accordo, dai pubblicisti ai benpensanti, all’opinione pubblica. Nessuno guardò mai in profondità, alle azioni e al comportamento dei più, della massima parte della società, dei cittadini o sudditi di ogni ceto. Nessuno volse mai l’attenzione a coloro i quali sono di solito commiserati e da tutti ritenuti succubi e vittime del malaffare, dell’incompetenza, della presunzione e della prevaricazione di governanti, di politici, di magistrati e di burocrati, quando non anche dell’avidità. della sopraffazione e dello sfruttamento di capitalisti e di imprenditori. I succubi e le vittime, la massima parte della popolazione, furono sempre ritenuti innocenti, sopraffatti e sfruttati da sopraffattori senza scrupoli che si sono sempre succeduti al vertice della società. Eppure sarebbe stato sufficiente allungare lo sguardo, osservare il comportamento dei più, andare a far visita in qualsiasi ufficio pubblico o privato per vedere altro, per accorgersi di ciò che passò sempre inosservato. E qui, tra i più, specialmente in alcune regioni del mondo come l’Italia, emergerebbe che studiato scarso rendimento e disfunzione sono morbi atavici e radicati. Un occhio non acuto potrebbe scoprire che resistenze e disfunzioni sono conseguenze di un costume, di un modo di fare, di un metodo. Potrebbe quindi risultare che qui, tra i più, sull’impegno, anche sul minimo impegno, prevale la leggerezza, il chiacchiericcio, la battuta, la risata, il giuoco. In un lavoro che potrebbe essere fatto da due individui, ne sono impiegati almeno quattro. E spesso i quattro fanno male quel lavoro. Il rendimento di quei quattro costa dunque più del doppio di quanto sarebbe costato se gli individui che eccedono i due potessero essere utilizzati, cioè impiegati razionalmente. E il frutto del lavoro sovente mal retribuito di quei quattro serve anche a mantenere numerosi parassiti. Pasce molta gente che, in alto e in basso, vive d’assistenza, di sfruttamento e, spesso lautamente, di espedienti, di prepotenze, senza faticare.

A questi notevoli danni che producono disfunzioni, caos e ritardi occorre aggiungerne altri molto meno evidenti, non quantificabili e anch’essi notevoli. Sono danni occulti, che si protendono ovunque, si trasmettono in tutta la società e ne menomano la produzione di ricchezza e il reddito pubblico e privato, il prodotto interno di ogni comunità. Le disfunzioni, il caos e i ritardi che li producono sono maggiori in alcune particolari aree, nelle quali frenano e ostacolano la crescita, tra l’altro falcidiano il prodotto interno, accrescono il divario da aree meno svantaggiate e gonfiano enormemente il debito pubblico.

Questi effetti, laddove si verificano, sono sempre stati attribuiti all’errata condotta di governanti, di burocrati, di capitalisti, e alla carenza, alla superfluità e alla inefficacia delle leggi. I governi, il  ceto dirigente e le leggi vigenti furono sempre chiamati in causa e la loro colpa fu sempre ritenuta una verità indiscutibile. Con essa furono sempre spiegate le ragioni del mancato decollo di alcune aree e dell’arretratezza di alcuni popoli.

Se cerchiamo oltre la superficie si può scoprire l’altro lato della medaglia. Si può vedere che, in realtà, la colpa del governo, della burocrazia, dell’imprenditoria, cioè del ceto dirigente, spiega solo un aspetto, una parte, e non la maggiore, di ciò che avviene da secoli, da millenni, nella società e nelle istituzioni di talune regioni del mondo. Guardando solo, in prevalenza, a quella parte, si trascura di vedere l’altra parte. E l’altra parte è preponderante, e il suo esame e la sua conoscenza possono indurre a scoprire il mistero, cioè l’inspiegabile perpetrarsi nei secoli di disfunzioni, di inefficienze e delle loro cause. Per riuscire nell’impresa, occorre allungare lo sguardo, spostandolo dal vertice alla base, dai pochi legislatori, governanti e imprenditori ai moltissimi esecutori e fattori. Solo così facendo, si possono scoprire e correggere i difetti dell’ancestrale condotta di costoro, che è il risultato di millenari modi di essere e di vivere, e di inconsulte e profonde e radicate abitudini. Si può così venire a capo di un filo aggrovigliato, altrimenti impossibile da dipanare. Bisogna osservare, studiare e scoprire la condotta dei più, della massima parte della società, che è stata finora ritenuta vittima e capro espiatorio delle carenze e degli abusi di pochi conduttori. Si può così scoprire che in molte regioni del mondo, a differenza e molto più che in altre, il comportamento del singolo, prodotto della sua mentalità bacata, a tutti i livelli, è il tasto da pigiare per individuare la causa del malfunzionamento dell’intero apparato. Per questa via, si può capire che, nella società, specialmente nei settori  medio e basso, prevalgono la resistenza passiva, la contestazione arbitraria, la lamentela, la protesta scomposta, gli improperi e le ingiurie di tutti contro tutti, anche contro i poteri e i potenti, quando costoro sono lontani e perciò innocui. In alcuni luoghi e paesi più che altrove, prevale tutto ciò che dà corpo all’anomia sociale.

Si può pertanto dire che, se molte colpe sono della dirigenza politica e della parte alta della società, moltissime altre colpe sono degli esecutori e dei cittadini o dei sudditi di ogni ceto e condizione sociale; sono della società nel suo complesso.

 
 
 
Francesco Caracciolo